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Sistema Informativo Territoriale della Provincia di Prato

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PERCORSO: HOME \ PTC: Relazione di Sintesi del Quadro Conoscitivo

Elaborati del Quadro Conoscitivo del PTC

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Relazione di Sintesi

2. La struttura e le dinamiche del sistema insediativo

2.1. La struttura di lunga durata dell'insediamento

La lettura dell'impianto dell'insediamento provinciale, delle sue dinamiche di medio periodo, delle sue "criticità" necessita di essere misurata su quella che è l'individuazione delle sue principali "invarianti" che ne hanno determinato l'assetto, la forma e le regole coevolutive rispetto al sistema ambientale e geografico.
Per questa ragione la premessa al lavoro sul sistema insediativo è costituita dal lavoro di descrizione delle principali fasi di "territorializzazione"(8) che -in relazione ai diversi modelli di civilizzazione verificatisi storicamente- hanno prodotto e "residuato" un modello insediativo specifico, dotato di una riconoscibilità propria, definito da regole e relazioni specifiche fra i diversi "oggetti" territoriali e relativamente stabile.
In questo senso la lettura delle diverse fasi di "territorializzazione" - dal modello etrusco a quello della fabbrica diffusa" è strumentale alla individuazione delle regole di fondo, le invarianti strutturali, che "istituiscono" al contempo un insieme di oggetti territoriali, riconoscibili come insieme geografico articolato, in definitiva il "modello insediativo di lunga durata del territorio provinciale.
Tale analisi segnala come, in definitiva, il "virtuoso policentrismo", che ha strutturato il complesso sistema naturale su cui poggia il territorio provinciale abbia retto -con progressive e cumulative aggiunte- fino alle soglie della grande accelerazione industriale verificatasi nel primo dopoguerra.

Vale forse la pena soffermarsi brevemente sulle "forme insediative" che la lunga durata ha prodotto sul territorio provinciale e che di fatto costituiscono a tutt'oggi la sua struttura portante.

STL Val di Bisenzio e della collina di Montemurlo
Le caratteristiche geomorfologiche e geografiche hanno fatto si che in questo sistema l'insediamento si configurasse in forme generalmente differenziate e "leggere" legate alle diverse "ragioni" storiche ed economiche della territorializzazione. Per l'alta valle, su originarie forme di presidio militare e di controllo dei valichi, si sono "appoggiati" insediamenti prevalentemente di crinale, connessi a "rete" in seguito fortemente legati all'economia del bosco e all'attività pastorale. In quest'ambito apenninico riconosciamo una "raggiera" policentrica impostata sullo snodo insediativo ed orografico di Mercatale-S.Ippolito. E' comunque stata forte in quest'area la presenza territoriale di alcune pievi ed abbazie benedettine, in particolare di quella di S.Salvatore a Vaiano.
Nella media e bassa valle -comprendendo in quest'ambito anche parte del territorio orientale di Vernio- l'insediamento è invece incentrato sul nodo vallivo di Vaiano e su di un diffuso sistema di ville fattoria che, di fatto, dal XVI al declino dell'economia mezzadrie, hanno strutturato l'economia agricola ed il paesaggio della valle. A questo tipo di modello insediativo è sostanzialmente riconducibile anche la collina di Montemurlo che dalle sue propaggini si snoda fino alla sommità de Monte Javello punteggiata di numerosi poderi e dalle emergenze, talvolta di eccezionale valore, di alcune ville fattoria.
Particolare, in riva sinistra del Bisenzio è il sistema insediativo a "pettine" di mezzacosta costituito prevalentemente da borghi rurali di origine romana che si snoda sostanzialmente dalla collina pratese fino a raggiungere la conca -straordinariamente esposta e dolcemente acclive - di Vaiano.

STL della piana
Il conoide di deiezione del Bisenzio costituisce la struttura "profonda" sui cui si imposta l'insediamento e la colonizzazione "di piana" in quest'area traccita attraverso l'aggeratio etrusco romana. I primi insediamenti -compresa la città etrusca di Gonfienti- si attestano su questo leggero rilievo ed in particolare ai suoi limiti ove l'incontro fra il substrato alluvionale e quello argilloso consente ad una falda superficiale di "disegnare" una linea di risorgive su cui si imposta - in direzione est-ovest ed in sovrapposizioni successive - il sistema dei villaggi colonici romani, di quelli longobardi e infine quello delle ville e pievi medioevali. Tale impianto insediativo di fatto è in grado di sfruttare sia la ricchezza d'acqua anche in termini di forza motrice e mezzo di trasporto che la notevole fertilità dei suoli alluvionali.
Questa rete policentrica a debole gerarchizzazione si imposta progressivamente, in epoche successive, sul "borgo al cornio" che di fatto solo in epoca comunale emerge come centro prevalente sul contado e sulla sua struttura insediativa. E' questo l'impianto che, con leggeri ma significativi episodi di epoca medicea e lorenese come la realizzazione della villa di Poggio a Caiano e delle Cascine di Tavola -vero e proprio "molo" del Montalbano in terra pratese- o della linea ferroviaria "Maria Antonia" per il mare, resiste sostanzialmente fino al grande boom industriale post bellico.
Lo sviluppo della manifattura tessile e della città fabbrica si appoggia in sostanza su di un impianto ancora medioevale ove i primi episodi di industrializzazione non avevano prodotto modificazioni dell'impianto insediativo. Tale evoluzione propone -nella "figura insediativa" della città fabbrica- di fatto una urbanistica "spontanea" e senza modello ad altissima densità che viene ad essere parte costituiva dello stesso sistema residenziale e che forma un proprio e peculiare "paesaggio urbano" che tende ad espandersi in forma "diffusa" nella piana e a Montemurlo - "città satellite della produzione" trovando un primo momento di "pianificazione e disegno" solo con i due macrolotti industriali.

STL Montalbano
Anche per il Montalbano, soprattutto per la sua parte sud orientale, l'insediamento ha origine sul sistema di colonizzazione etrusca che trovava ovviamente in questi rilievi posti a dominare la valle dell'Arno, un punto strategico di controllo e di transito delle merci da e per la costa. Da Comeana ad Artimino-Poggio alla Malva fino a Pietra Marina si articolano -secondo diverse consistenze- i resti di questa fase insediativa. La strategicità di quest'area non muta con i secoli e l'insediamento si struttura intorno ad un insieme di borghi fortificati che trovano nel castello di Carmignano e nel borgo di Artimino gli episodi di maggior rilievo. Tuttavia l'impianto insediativo si completa solo con la fase Medicea e con la realizzazione di un paesaggio agricolo incentrato su alcune importanti ville fattoria e sull'uso virtuoso delle risorse e sulla utilizzazione del bosco sommitale come "Barco" per lo svago e la caccia. Di fatto il modello insediativo successivo si impianta sui lasciti di questa fase di territorializzazione sviluppando un insediamento agricolo diffuso secondo i modelli dell'appoderamento mezzadrile e sulla costruzione di un paesaggio agrario peculiare a colture miste e con rimarchevoli opere di sistemazione idraulica ed agraria.

In sintesi, per quanto riguarda il sistema insediativi provinciale nel suo insieme, il rapporto virtuoso fra forma territoriale, attività antropiche, ciclo delle risorse e loro uso si è potuto riprodurre sostanzialmente fino a quando - con lo sviluppo del modello organizzativo distrettuale - il forte sprawl urbano industriale non ha colonizzato in maniera crescente ogni interstizio del sistema dei borghi a ridosso del centro urbano e, successivamente, gran parte della piana e delle sue preesistente insediative e rurali. In particolare la risorsa acqua -da sempre generatrice non solo di processi biotici ma anche di paesaggi e consuetudini dell'abitare- ha ridotto la propria presenza ed immagine, oggi coglibile solo attraverso o letture "archeologiche del territorio" o nell'evenienza di "ritorni disastrosi" delle sue dinamiche.
Ciò nondimeno a questo tipo di considerazioni si accompagna la constatazione di una notevole "resilienza" del sistema insediativo e del suo carattere policentrico inteso come combinazione di caratteri fisici e culturali che supportano senso di appartenenza ed identità locali ancora "sensibili" ed apprezzabili sul territorio.
Questo si verifica peraltro più che nel core urbano del capoluogo -ovviamente più condizionato dalla forza dei processi economici e demografici recenti- nel vasto insieme di centri minori e frazioni che articolano sia la piana pratese che le aree collinari e montane. In particolare in questi ambiti l'insediamento si configura ancora come potenzialmente capace di riattivare -dopo l'esodo legato allo sviluppo industriale- una nuova fase di riterritorializzazione legata al recupero delle strutture agrosilvopastorali e delle attività economiche ad esse riconducibili ovviamente in un'ottica innovativa di valorizzazione integrata e di eccellenza di tali risorse.

2.2. L'insediamento provinciale tra policentrismo e ripolarizzazione urbana

Le dinamiche demografiche ed insediative che avevano caratterizzato il sistema urbano provinciale fino all'inizio degli anni '90 sembravano avere effettivamente rafforzato la tendenza verso il policentrismo insediativo con un accrescimento particolare e per certi aspetti eccessivo dei comuni del Montalbano e anche di Vaiano. In realtà tale tendenza -che vedeva in sostanza una notevole flessione del tasso di crescita intercensuario del centro capoluogo e una perdita anche dei comuni dell'alta valle del Bisenzio- registra una inversione di tendenza nell'ultimo periodo intercensuario con i segni di una cospicua ripolarizzazione verso il centro di Prato.
Tale fenomeno appare fortemente connesso da un lato alle politiche residenziali ed edilizie che trovano nel Comune di Prato un forte accelerazione a metà degli anni '90 e, dall'altro, al congiunto flusso migratorio sia di origine extracomunitaria che dalla limitrofa area fiorentina ove il mercato residenziale manifesta non trascurabili elementi di rigidità e limitazione dell'offerta.
Tale dinamica è peraltro anche da collegare alla debole offerta di servizi alla persona e per la mobilità che molti dei comuni della provincia presentano, ove, molto spesso, a fronte di notevole crescita dei residenti non si sono sviluppate adeguate politiche per il trasporto pubblico di livello metropolitano e provinciale ed una adeguata offerta di servizi sia di tipo commerciale che formativo, almeno per la prima scolarizzazione. E' da osservare, comunque che, in particolare per la Val di Bisenzio, malgrado i fattori penalizzanti cui si accennava si assiste ad un importante ritorno insediativo che si esprime in una inversione del processo di declino residenziale.
Tale ritorno se è in parte da collegare ad un fenomeno di reinsediamento dei primi immigrati verso centro tessile una volta raggiunta la pensione, dall'altro è anche esito di un apprezzamento e rivalorizzazione delle qualità ambientali del contesto vallivo e di un certo "rango urbano" raggiunto i particolare da Vaiano.
Inoltre a ciò si collega uno specifico processo di recupero di alcuni borghi storici minori a fini residenziale e di alcuni importanti manufatti e complessi rurali ai fini del recupero e sviluppo di attività legate alla agricoltura e al turismo rurale.

2.3. Usi del suolo e nuove potenzialità di sviluppo

L'analisi aggregata dell'uso del suolo induce peraltro a fare alcune considerazioni di un certo interesse rispetto a quanto è stato osservato più sopra.
Nel suo insieme il territorio provinciale -consistente in circa 36.553 ha- presenta in forma aggregata una netta prevalenza di territorio aperto destinato ad usi e funzioni di tipo agroforestale e di valorizzazione ambientale in genere. Oltre l'82% della superficie provinciale (30.068 ha) presenta queste caratteristiche con una superficie riconducibile a caratterizzazione boschiva che tocca il 56% di quella provinciale. Se poi a questo si aggiunge che la maggior parte del suolo urbanizzato è concentrato nella piana pratese - ed in particolare nella sua parte settentrionale- si può facilmente capire come l'enorme serbatoio di "territorio aperto" si configuri come una dotazione patrimoniale da custodire e, al contempo, da valorizzare come risorsa e fattore di diversificazione e sviluppo dell'intera economia provinciale.
Proprio questa rappresenta una delle immagini più forti e degli esiti più significativi dell'inquadramento conoscitivo sviluppato dal PTC provinciale, immagine intorno al quale appare opportuno -anche in considerazione della attuale fase di transizione del sistema manifatturiero cui si accennerà in seguito- costruire una "nuova geografia dello sviluppo" maggiormente integrata e congruente con le dotazioni del territorio.
Ma questo aspetto presenta anche un suo "rovescio" che porta a vedere anche i potenziali rischi cui un tale patrimonio è sottoposto, rischi che possono anche avere delle ricadute negative sul sistema insediativo in genere. Una volta infatti che una tale risorsa non fosse sottoposta ad una "cura" e gestione adeguata possono infatti verificarsi fenomeni di degrado "importanti", in particolare dal punto di vista idrogeologico, fenomeni in grado di trasformare una potenziale risorsa in un ulteriore elemento di rischio e di costo per la collettività. Ma su tale aspetto ci soffermeremo con maggiore dettaglio in seguito accennando alle problematiche connesse alla struttura ambientale e paesistica.

2.4. Il sistema delle infrastrutture per la mobilità e le sue criticità

La complessità di una sistema insediativo come quello della provincia di Prato caratterizzato da così forti differenze di mix funzionali e di intensità di uso, da "picchi e gole" che si alternano sul territorio e nell'arco temporale della giornata, comportano, come si può facilmente immaginare, non pochi problemi di gestione del sistema infrastrutturale per la mobilità. Questo, oltretutto, in un'area ove si scontano i più alti indici di motorizzazione pro capite italiani e ove si situa un modello produttivo post fordista incentrato sull'estrema intensità delle interazioni commerciali (merci e persone).
In generale, prima di situarle sul territorio, si può dire che le principali criticità del sistema infrastrutturale riguardano:

  • - una scarsa adeguatezza del sistema della mobilità alla copresenza di strutture commerciali, direzionali e produttive che ormai, in misura rilevante, caratterizza i più importanti insediamenti specialistici provinciali ed in particolare della piana pratese;
  • - la debole relazione, legata anche a comprensibili problemi gestionali, con la forma policentrica del sistema insediativo provinciale che rende scarsamente connessi in particolare -soprattutto dal punto di vista del trasporto pubblico- i centri situati alle "estremità" del territorio della provincia (Val di Bisenzio e Montalbano, ma anche Montemurlo);
  • - la complessiva debole offerta del trasporto pubblico con particolare riferimento alle possibilità di spostamento e interscambio gomma-ferro per la mobilità diretta verso la piana pratese e verso Firenze.

La situazione del traffico e della mobilità appare fortemente influenzata dalle dinamiche dell'area urbana pratese.
Facendo astrazione dall'autostrada Firenze-Mare (che serve un traffico di circa 60.000 veicoli equivalenti/giorno tra Prato Est e Prato Ovest), le direttrici che presentano i maggiori carichi veicolari - spesso superiori ai 30.000 veicoli eq./giorno, sono la Declassata e la Prima tangenziale. Si tratta di valori da ritenersi critici nel tratto della Declassata ancora organizzato ad unica carreggiata ed una corsia per senso di marcia.
Lungo la Prima tangenziale, il traffico tende ad aumentare mano a mano che ci si avvicina alla Declassata, sulla quale invece si registrano carichi veicolari crescenti da Ovest verso Est. Ciò testimonia la forte attrazione svolta dallo svincolo di Prato Est, utilizzato da quasi 50.000 veicoli eq./giorno, prevalentemente diretti verso Firenze. Il ruolo quasi paritetico svolto dallo svincolo, rispetto al ramo occidentale dell'autostrada, fa sì che il tratto Prato Est-Firenze Ovest risulti il più trafficato dell'intero nodo autostradale fiorentino (quasi 100.000 veic.eq./giorno). In prospettiva va inoltre considerato che in quest'area sono destinati a gravitare anche i carichi veicolari generati dall'interporto, od istradati sulla Mezzana-Perfetti-Ricasoli e sulla Prato-Signa. Si profila con una certa evidenza la affrontare in termini prioritari il tema di un riassetto del nodo infrastrutturale con il fine di ridurre la pressione del traffico su Prato Est.
Occorre osservare che i grandi temi della mobilità a scala metropolitana possono essere affrontati soltanto affiancando ai necessari adeguamenti della rete stradale, anche un forte potenziamento dei servizi ferroviari. A tale proposito, il PTCP assume fin dalla fase conoscitiva le ipotesi e le strategie già attivate dai diversi soggetti orientate verso:

  • - l'attivazione del servizio ferroviario metropolitano Pistoia-Prato-Firenze, secondo uno schema cadenzato ad alta frequenza, con realizzazione di nuove fermate a Mazzone-Montemurlo, Prato-San Paolo e Prato-La Macine;
  • - la ristrutturazione del servizio ferroviario regionale della Val di Bisenzio, secondo uno schema cadenzato semi-diretto a media frequenza, con realizzazione di nuove fermate a Prato-Santa Lucia, La Briglia e Carmignanello.

Le linee di indirizzo per la mobilità della Val di Bisenzio sono peraltro già orientate a:

  • - una più stretta integrazione fra i servizi di trasporto pubblico su gomma ed il rinnovato servizio ferroviario regionale, con identificazione di opportuni nodi di interscambio a Vaiano e soprattutto a Vernio (dove potrebbero fermare anche servizi a carattere diretto tra Firenze e Bologna);
  • - una diversificazione «a rete» della maglia stradale, con adeguamento di itinerari di secondo livello rispetto alla SS 325, in grado di migliorare la accessibilità al sistema insediativo della valle. Questo con particolare riferimenti ai collegamenti Figline-Migliana e Vernio-Montecuccoli-Barberino di Mugello (A1).

I volumi di traffico lungo le radiali di penetrazione nell'area urbana pratese (SS325 verso la Val di Bisenzio, via Montalese, via Pistoiese, via Roma, via Fiorentina) si collocano di norma intorno ai 20.000 veicoli/giorno - un valore che può ritenersi corrispondente ai limiti di capacità esistenti. Tali assi assolvono essenzialmente ad un ruolo di scambio tra Prato ed i Comuni immediatamente contermini: secondo le rilevazioni effettuate lungo la SS325, circa i 2/3 del traffico proviene dalla sola Vaiano, e l'83% circa è diretto entro i confini comunali pratesi). Il carattere di «antenna» svolto da questa arteria è confermato anche dal valore estremamente ridotto del traffico, registrato tra Montepiano e Castiglione dei Pepoli (meno di 1.000 veicoli/giorno).

Questa componente della domanda di mobilità appare sostanzialmente plafonata dalle caratteristiche della rete stradale urbana, la cui capacità non può essere innalzata se non a fronte di gravi conseguenze urbanistiche ed ambientali. Si assume pertanto come coerente con il quadro attuale il graduale rafforzamento della rete di trasporto pubblico urbano previsto dal Comune di Prato e dalla Provincia, che, a medio-lungo termine, dovrebbe assumere valenza territoriale, con innervamento dell'intero distretto tessile, ed attestamenti esterni a Montemurlo, Poggio a Caiano e Campi Bisenzio. A tale fine, appaiono stratetiche le Linee ad Alta Mobilità (LAM) e dei rispettivi nodi di interscambio, collocati lungo la Declassata.

Per quanto concerne il Montalbano, le analisi di traffico effettuate nei Comuni di Carmignano e Poggio a Caiano evidenziano come l'ex strada statale 66 tenda ad assumere un funzionamento sempre più accentuato "a baionetta", finalizzato alla distribuzione sugli abitati di Poggio, Poggetto e Seano, e sulla loro connessione con la Prima tangenziale e con la via Roma, piuttosto che all'istradamento continuo tra l'area fiorentina e quella pistoiese. Il nodo di Poggio a Caiano mostra invece una funzionalità in direzione Nord-Sud che può essere assecondata tramite la nuova circonvallazione prevista.
Oltre a quello di Poggio a Caiano, anche l'attraversamento di Comeana costituisce un punto di criticità, in relazione agli spostamenti verso e da Signa attraverso il ponte di Castelletti, per gli itinerari di salita verso Artimino e il Montalbano e in prospettiva per i collegamenti alla stazione ferroviaria di Carmignano e all'area ex Nobel.

Note

8. Il termine fa specifico riferimento alla teoria e "scuola" territorialista. In tale approccio il processo di insediamento e di "controllo" umano sul substrato dell'ambiente biofisico (biosfera) viene letto come successione di diverse e progressive fasi di accrescimento della complessità territoriale in una dinamica coevolutiva fra risorse naturali, azione umana di trasformazione e accrescimento del capitale fisico, sociale e culturale inscritto nel territorio. La rottura delle regole costituitesi nella lunga durata e la riduzione di complessità produce -specularmente- effetti "deterritorializzanti".
Si veda anche:
Turco A.(1988), Per una teoria geografica della complessità, Unicopli, Milano

 
 

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